19/04/2017
Il regime di cassa amplia l’inerenza
Reddito d’impresa. la circolare 11/e ammette che il principio non è disciplinato dall’articolo 109, comma 5 del tuir
Dario Deotto
Il (presunto) regime di cassa per le imprese minori un pregio forse ce l’ha: quello di fare chiarezza – per tutte le imprese, e quindi non solo per quelle che si possono avvalere del nuovo regime – sul cruciale principio dell’inerenza. E questo, indirettamente, si desume anche dalla circolare 11/E/2017. In più occasioni Corte di cassazione e Entrate hanno individuato (per le imprese) la fonte dell’inerenza nell’articolo 109, comma 5, del Tuir. Tuttavia tale interpretazione non risultava convincente. Infatti, questa norma stabilisce che i componenti negativi, diversi dagli interessi passivi, sono deducibili «se e nella misura» in cui si riferiscono a beni o attività da cui derivano ricavi e proventi imponibili ed esclusi. Il che, da una lettura “indiretta” vuole significare che i componenti negativi che si riferiscono a proventi esenti risultano indeducibili. La conferma viene dal secondo periodo del comma 5, il quale esordisce dicendo «se si riferiscono». È chiaro che tale previsione non può che riferirsi ai componenti negativi richiamati dal primo periodo, per cui il secondo periodo vuole stabilire che i componenti negativi, quando si riferiscono a beni o attività da cui derivano sia componenti positivi di reddito imponibili ed esclusi che esenti, risultano deducibili secondo il “pro-rata” specificatamente disciplinato. In definitiva, i due periodi dell’articolo 109, comma 5 del Tuir non disciplinano affatto l’inerenza, ma un diverso e più limitato concetto di deduzione dei componenti negativi di reddito (l’inerenza riguarda anche i componenti positivi). Questa conclusione ha molteplici conseguenze. La più rilevante è che non si possono fondare le rettifiche della cosiddetta anti economicità sull’articolo 109, comma 5 del Tuir. Infatti, poiché l’anti economicità viene considerata questione riferibile all’inerenza, gli uffici provvedono a sindacarla sulla base dello stesso articolo 109, comma 5 del Tuir, nella considerazione che lo stesso si riferisce alla misura delle spese. Ma si tratta di un errore in quanto, come si è visto, la norma disciplina tutt’altra questione. Pertanto, le rettifiche sull’anti economicità devono essere ricondotte a quanto stabilisce l’articolo 39 del Dpr 600/1973. Il che significa che se l’ufficio disconosce – in conseguenza dell’anti economicità – la deduzione di un componente negativo deve rappresentare le ragioni per le quali la spesa non ha un legame con l’attività svolta (questo è il concetto di inerenza) oppure se provvede a ridurne l’ammontare in misura percentuale (come molte viene fatto) si tratterà di rettifica analitica-induttiva che comporta l’onere probatorio in capo all’ufficio sulla base di elementi gravi, precisi e concordanti. Un’altra conseguenza è che, non essendo l’articolo 109, comma 5 del Tuir la fonte dell’inerenza, non si può sostenere che gli interessi passivi sfuggono a un sindacato di inerenza, visto che la norma ammette in deduzione i componenti negativi «diversi dagli interessi passivi». In realtà, anche gli interessi passivi, per essere ammessi alla deduzione, devono risultare inerenti. La conferma che l’inerenza non risulta disciplinata dall’articolo 109, comma 5 del Tuir trova ora riscontro dal nuovo regime “di cassa” per le imprese minori. Infatti, la norma stabilisce che il reddito è dato (in via di principio) dalla differenza tra i ricavi percepiti e le spese sostenute «nell’esercizio dell’impresa». In questo modo viene anche fissato il principio di inerenza, che deve essere necessariamente stabilito per i soggetti che non determinano il reddito partendo dall’utile o dalla perdita di bilancio. Poi, al comma 3, l’articolo 66 richiama una serie di norme per le quali si applicano le regole ordinarie di deduzione previste per i soggetti in contabilità ordinaria. Tra queste norme viene citato l’articolo 109, comma 5 del Tuir, ma non certo per richiamare il principio di inerenza, visto che è già stato fissato in precedenza, bensì per affermare l’indeducibilità dei componenti negativi a fronte di proventi esenti e la deduzione attraverso il pro rata quando il componente negativo si riferisce indistintamente a ricavi e proventi imponibili, esclusi ed esenti. Tutto ciò viene affermato anche dalla circolare 11/E/2017. In sostanza, anche l’Agenzia conferma che l’inerenza non è affatto disciplinata dall’articolo 109, comma 5 del Tuir.
Dario Deotto
Il (presunto) regime di cassa per le imprese minori un pregio forse ce l’ha: quello di fare chiarezza – per tutte le imprese, e quindi non solo per quelle che si possono avvalere del nuovo regime – sul cruciale principio dell’inerenza. E questo, indirettamente, si desume anche dalla circolare 11/E/2017. In più occasioni Corte di cassazione e Entrate hanno individuato (per le imprese) la fonte dell’inerenza nell’articolo 109, comma 5, del Tuir. Tuttavia tale interpretazione non risultava convincente. Infatti, questa norma stabilisce che i componenti negativi, diversi dagli interessi passivi, sono deducibili «se e nella misura» in cui si riferiscono a beni o attività da cui derivano ricavi e proventi imponibili ed esclusi. Il che, da una lettura “indiretta” vuole significare che i componenti negativi che si riferiscono a proventi esenti risultano indeducibili. La conferma viene dal secondo periodo del comma 5, il quale esordisce dicendo «se si riferiscono». È chiaro che tale previsione non può che riferirsi ai componenti negativi richiamati dal primo periodo, per cui il secondo periodo vuole stabilire che i componenti negativi, quando si riferiscono a beni o attività da cui derivano sia componenti positivi di reddito imponibili ed esclusi che esenti, risultano deducibili secondo il “pro-rata” specificatamente disciplinato. In definitiva, i due periodi dell’articolo 109, comma 5 del Tuir non disciplinano affatto l’inerenza, ma un diverso e più limitato concetto di deduzione dei componenti negativi di reddito (l’inerenza riguarda anche i componenti positivi). Questa conclusione ha molteplici conseguenze. La più rilevante è che non si possono fondare le rettifiche della cosiddetta anti economicità sull’articolo 109, comma 5 del Tuir. Infatti, poiché l’anti economicità viene considerata questione riferibile all’inerenza, gli uffici provvedono a sindacarla sulla base dello stesso articolo 109, comma 5 del Tuir, nella considerazione che lo stesso si riferisce alla misura delle spese. Ma si tratta di un errore in quanto, come si è visto, la norma disciplina tutt’altra questione. Pertanto, le rettifiche sull’anti economicità devono essere ricondotte a quanto stabilisce l’articolo 39 del Dpr 600/1973. Il che significa che se l’ufficio disconosce – in conseguenza dell’anti economicità – la deduzione di un componente negativo deve rappresentare le ragioni per le quali la spesa non ha un legame con l’attività svolta (questo è il concetto di inerenza) oppure se provvede a ridurne l’ammontare in misura percentuale (come molte viene fatto) si tratterà di rettifica analitica-induttiva che comporta l’onere probatorio in capo all’ufficio sulla base di elementi gravi, precisi e concordanti. Un’altra conseguenza è che, non essendo l’articolo 109, comma 5 del Tuir la fonte dell’inerenza, non si può sostenere che gli interessi passivi sfuggono a un sindacato di inerenza, visto che la norma ammette in deduzione i componenti negativi «diversi dagli interessi passivi». In realtà, anche gli interessi passivi, per essere ammessi alla deduzione, devono risultare inerenti. La conferma che l’inerenza non risulta disciplinata dall’articolo 109, comma 5 del Tuir trova ora riscontro dal nuovo regime “di cassa” per le imprese minori. Infatti, la norma stabilisce che il reddito è dato (in via di principio) dalla differenza tra i ricavi percepiti e le spese sostenute «nell’esercizio dell’impresa». In questo modo viene anche fissato il principio di inerenza, che deve essere necessariamente stabilito per i soggetti che non determinano il reddito partendo dall’utile o dalla perdita di bilancio. Poi, al comma 3, l’articolo 66 richiama una serie di norme per le quali si applicano le regole ordinarie di deduzione previste per i soggetti in contabilità ordinaria. Tra queste norme viene citato l’articolo 109, comma 5 del Tuir, ma non certo per richiamare il principio di inerenza, visto che è già stato fissato in precedenza, bensì per affermare l’indeducibilità dei componenti negativi a fronte di proventi esenti e la deduzione attraverso il pro rata quando il componente negativo si riferisce indistintamente a ricavi e proventi imponibili, esclusi ed esenti. Tutto ciò viene affermato anche dalla circolare 11/E/2017. In sostanza, anche l’Agenzia conferma che l’inerenza non è affatto disciplinata dall’articolo 109, comma 5 del Tuir.