27/02/2017
Sanzioni con cumulo penalizzante
L’istituto del cumulo giuridico delle sanzioni – uno dei più complicati ma, allo stesso tempo, uno dei cardini del sistema – “soffre” ancora di una serie di ambiguità. Il principio prevede che la sanzione sia unica fino alla constatazione della violazione (articolo 12, comma 6, del Dlgs 472/1997) nelle ipotesi di concorso di violazioni e di progressione. E questo anche quando le violazioni constatate riguardano più periodi d’imposta. Ad esempio, quando vengono commesse più violazioni formali o più violazioni che incidono sulla determinazione dell’imponibile o del tributo per più periodi d’imposta, la sanzione risulta unica (pur con i dovuti aumenti) anche se l’ufficio emette atti separati di irrogazione o di contestazione delle sanzioni per le singole annualità. Quest’ultimo aspetto ha avuto una sua “ratifica” attraverso le modifiche apportate dal Dlgs 99/2000 all’articolo 12 del Dlgs 472/1997 (la norma di riferimento del cumulo) e poi con la nota ministeriale 159135/2001. Va rilevato che, anche se il cumulo giuridico delle penalità può essere applicato soltanto dagli uffici, per “sancire” il principio di unicità della sanzione fino alla sua estinzione, il legislatore del Dlgs 99/2000 ha assegnato un preciso onere anche al giudice tributario, disponendo che «se più atti di irrogazione danno luogo a processi non riuniti o comunque introdotti a giudici diversi, il giudice che prende cognizione dell’ultimo di essi ridetermina la sanzione complessiva tenendo conto delle violazioni risultanti dalle sentenze precedentemente emanate» (articolo 12, comma 5). Molte questioni, quindi, sono state risolte nel tempo. Rimane però il nodo dei rapporti tra la sanzione unica e i vari istituti deflattivi. La norma di riferimento è il comma 8 dell’articolo 12, il quale dispone ora che il cumulo giuridico si applica limitatamente al singolo tributo e al singolo periodo d’imposta nelle ipotesi di: accertamento con adesione; conciliazione giudiziale; mediazione tributaria. Di contro, nel secondo periodo del comma 8, viene stabilito che la sanzione unica deve trovare applicazione solo con riferimento al singolo atto impositivo in relazione a: definizione a 1/3 delle penalità (articoli 16 e 17 del Dlgs 472/1997); acquiescenza (articolo 15 del Dlgs 218/1997). Tale ultima previsione del comma 8, tuttavia, è di fatto superata dalle modifiche apportate dal Dlgs 99/2000 (comma 5 dell’articolo 12) con cui si stabilisce che la sanzione è unica anche quando l’ufficio emette più atti di irrogazione (importante che si tratti di violazioni riguardanti la medesima constatazione). La conferma – se mai ce ne fosse bisogno – viene dalla nota 159135/2001, con cui sono state fatte una serie di esemplificazioni che ammettono la definizione, ora a 1/3, della sanzione unica in base agli articoli 16 e 17 del Dlgs 472/1997 e dell’acquiescenza, anche quando vengono emessi una pluralità di atti relativi a più periodi d’imposta. I nodi ancora non risolti, però, riguardano il fatto che gli istituti della definizione delle sanzioni e dell’acquiescenza dispongono che la definizione a 1/3 della penalità va fatta confrontando i minimi edittali delle «violazioni più gravi relative a ciascun tributo». Negli esempi della nota 159135/2001 e nel conseguente software utilizzato dall’Agenzia, il confronto risulta non in linea con il dettato normativo (e penalizzante per il contribuente): infatti, viene confrontata la sanzione unica per più anni con i minimi più gravi di ciascun tributo che vengono sommati per ciascun anno. Invece, il principio di unicità della sanzione vuole che il confronto sia eseguito tra la sanzione unica di tutti gli anni e i minimi edittali più gravi di ogni tributo relativi a tutti gli anni. Ad esempio, considerando i minimi più gravi per Irpef e Iva per tre anni, pari a 100, 80 e 70 per Irpef e a 200, 150 e 100 per Iva, si deve confrontare la sanzione unica con 300 (dato da 100, minimo più grave dei tre anni per Irpef, più 200, minimo più grave dei tre anni per Iva). La norma richiede infatti il confronto con i minimi edittali più gravi di ogni tributo, ma non di ogni anno. Il fatto è che se non si provvede alla definizione con gli importi indicati dagli uffici, si perde tale possibilità ed è praticamente impossibile fare constare nel successivo giudizio che la precedente possibilità di definizione è stata proposta su basi errate. Un ultimo problema, che attiene, in particolare, alle vicende del quadro RW e della collaborazione volontaria (si veda l’altro articolo in basso), è che il confronto con i minimi relativi alle violazioni più gravi riguarda le violazioni sostanziali nei casi di imposta dovuta. Quando non c’è tributo, come nel caso delle violazioni sul monitoraggio fiscale, non c’è, evidentemente, alcun confronto da fare. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Antonio Tomassini, Dario Deotto, Marco Piazza
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