24/12/2018
Abuso del diritto, cade il vincolo delle motivazioni economiche
Non c’è nessuna sostanza economica da giustificare in presenza di operazioni legittime. Nel corso del 2018 sono stati forniti numerosi chiarimenti in materia di abuso del diritto da parte delle Entrate. Quasi tutti sono contenuti in risposte a interpelli (si selezioni la foto sotto il presente articolo), ma va ricordata anche la risoluzione 40/E/2018 sul consolidato domestico. Documento con cui l’Agenzia ha confermato che – quando ci si mette nelle condizioni di legge per fruire di un vantaggio previsto dall’ordinamento – non vi è nessuna valida ragione economica (nessuna sostanza economica) da addurre.
In pratica, se è vero che in base all’articolo 10-bis dello Statuto del contribuente sono considerate abusive le operazioni prive di sostanza economica che realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti, occorre valorizzare il fatto che il vantaggio dev’essere indebito – cioè non voluto dall’ordinamento – e solo a quel punto potrà essere considerato, eventualmente, che si tratta di operazione priva di sostanza economica. In altri termini, il concetto di operazioni prive di sostanza economica deve associarsi con il vantaggio fiscale indebito.
Così, se si tratta di un vantaggio legittimo, non c’è alcuna indagine da compiere circa l’elusività dell’operazione (come anche rilevato da Assonime nella circolare 27/2018). In sostanza, oggi l’ordinamento riconosce la liceità fiscale anche di quelle operazioni compiute essenzialmente per finalità fiscali, al fine di cogliere un vantaggio previsto dall’ordinamento, senza la necessità che le stesse operazioni siano giustificate da valide ragioni economiche proprio perché l’unica finalità delle stesse può anche risultare quella del conseguimento di un vantaggio fiscale legittimo.
Quindi, finalmente, risulta ripudiato il principio, utilizzato fino a qualche anno fa, secondo il quale le norme antielusive avrebbero il compito di adeguare la tassazione alla sostanza economica. Come se dovesse prevalere sempre la sostanza sulla forma ed esistesse un unico percorso giuridico coincidente con la forma di tassazione più onerosa.
Invece, va riconosciuto che l’effetto economico è una qualificazione di un atto, di un negozio, di una forma giuridica, e che esistono nell’ordinamento più forme giuridiche, più atti, più percorsi, che possono portare al medesimo effetto economico. Così come va riconosciuto che è un fraintendimento il principio della presunta supremazia della sostanza sulla forma, nel senso che a essere tassata è senz’altro la forma giuridica, mentre la sostanza economica è tassata o quando la norma deroga espressamente alla forma utilizzata o in presenza di fenomeni simulatori/dissimulatori, quindi riconducibili all’evasione.
Sulla scorta di tali presupposti, è evidente che, come risulta dalla risposta all’interpello 75/2018, il contribuente può scegliere ad esempio, per realizzare il medesimo effetto economico, tra l’assegnazione dei beni e la scissione del ramo d’azienda: entrambe le scelte sono lecite e previste dal sistema, con la conseguenza che il contribuente può scegliere la via fiscalmente meno onerosa (la scissione) senza necessità di giustificare la sostanza economica dell’operazione. Così praticamente tutte le risposte agli interpelli riguardanti delle operazioni di scissione (si veda l’altra news in data odierna per l’unico caso di abuso del diritto) affermano la legittimità delle operazioni poste in essere senza necessità di giustificare le ragioni economiche. Va ricordato – e questo fa pensare all’inutilità di porre certi interpelli – che con la risoluzione 97/E/2017 è stata affermata la liceità dell’operazione di scissione societaria seguita dal trasferimento delle partecipazioni (previamente affrancate). Questo perché l’ordinamento ammette che l’azienda può circolare indifferentemente sia attraverso una cessione diretta sia attraverso una cessione indiretta.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Dario Deotto
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