22/10/2018
Compensazioni a rischio blocco negli F24 senza criteri definiti
Il possibile blocco delle compensazioni ritenute a rischio, che scatta lunedì 29 ottobre, presenta più di qualche criticità. La norma (articolo 1, comma 990, della legge 205/2017) dà sostanzialmente carta bianca alle Entrate di bloccare le compensazioni che presentano profili di rischio, visto che stabilisce solo che con provvedimento del direttore dell’Agenzia devono essere stabiliti i criteri e le modalità di attuazione della norma. Così che questa risulta, di fatto, “in bianco”: non fissa alcun paletto circa quali possono risultare le situazioni legittimanti lo stop alle compensazioni. Il fatto è, però, che tali profili di rischio non vengono fissati nemmeno dal provvedimento delle Entrate. Per quest’ultimo, del tutto generico, i profili di rischio si possono realizzare in relazione:
alla tipologia dei debiti pagati;
al tipo di crediti compensati;
alla coerenza dei dati indicati nel modello F24;
ai dati presenti nell’Anagrafe tributaria o resi disponibili da altri enti pubblici;
ad analoghe compensazioni effettuate in precedenza;
al pagamento di debiti iscritti a ruolo (articolo 31, comma 1, del Dl 78/2010).
Sono ipotesi indeterminate che, tendenzialmente, possono riguardare tutti i contribuenti e per le quali non possono bastare le (apparenti) rassicurazioni del Mef al question time 5-00537del 27 settembre scorso (si veda Il Sole 24 Ore del giorno successivo).
Il nodo della delega in bianco
In sostanza, c’è una norma “in bianco” che demanda ad un provvedimento attuativo “in bianco”. Di fatto, la norma rappresenta il paradigma della prevalenza della tecnocrazia sul diritto. La tecnica deve funzionare: non le interessa certo la qualità, i principi, la grammatica del diritto. Si prenda la disposizione con riguardo all’esito del controllo. Si dice che «se all’esito del controllo il credito risulta correttamente utilizzato, ovvero decorsi 30 giorni dalla data di presentazione della delega di pagamento, la delega è eseguita e le compensazioni e i versamenti in essa contenuti sono considerati effettuati alla data stessa della loro effettuazione». È un linguaggio criptico, sgrammaticato, proprio della algida tecnocrazia, non del diritto. Così che se vanno condivise misure effettive e mirate di contrasto delle compensazioni indebite, non si possono che biasimare disposizioni prive dei basilari precetti normativi, che rischiano di colpire tutti i contribuenti.
Il tutto con effetti che possono ben andare oltre la vicenda delle compensazioni e per i quali, in alcuni casi, non è utilizzabile il ravvedimento.
La contromossa del ricorso
Si pensi – come è già stato riportato su queste pagine (si veda Il Sole 24 Ore del 10 ottobre) – a tutti quegli istituti per i quali il mancato pagamento determina l’inefficacia del perfezionamento dell’istituto. Ad esempio, si consideri un accertamento con adesione a fronte di un atto impositivo che, in conseguenza del “blocco” della compensazione del pagamento della prima rata, non risulti perfezionato: l’atto di accertamento potrebbe diventare definitivo e, quindi, non più impugnabile.
Si è così dell’avviso che il contribuente che si ritenga penalizzato dalla comunicazione dello scarto del modello F24 debba senz’altro tutelarsi impugnando la ricevuta con la quale – con specifica motivazione, stabilisce il punto 2.3 del provvedimento – viene comunicato lo scarto. Qualora tale impostazione venga osservata pure nell’ipotesi in cui lo scarto della compensazione sia seguita da un atto tipizzato (avviso bonario, cartella), anche quest’ultimo dovrà essere impugnato, così che si verificherà cessazione della materia del contendere sull’impugnazione dello scarto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Pagina a cura di
Dario Deotto
Stefano Zanardi
alla tipologia dei debiti pagati;
al tipo di crediti compensati;
alla coerenza dei dati indicati nel modello F24;
ai dati presenti nell’Anagrafe tributaria o resi disponibili da altri enti pubblici;
ad analoghe compensazioni effettuate in precedenza;
al pagamento di debiti iscritti a ruolo (articolo 31, comma 1, del Dl 78/2010).
Sono ipotesi indeterminate che, tendenzialmente, possono riguardare tutti i contribuenti e per le quali non possono bastare le (apparenti) rassicurazioni del Mef al question time 5-00537del 27 settembre scorso (si veda Il Sole 24 Ore del giorno successivo).
Il nodo della delega in bianco
In sostanza, c’è una norma “in bianco” che demanda ad un provvedimento attuativo “in bianco”. Di fatto, la norma rappresenta il paradigma della prevalenza della tecnocrazia sul diritto. La tecnica deve funzionare: non le interessa certo la qualità, i principi, la grammatica del diritto. Si prenda la disposizione con riguardo all’esito del controllo. Si dice che «se all’esito del controllo il credito risulta correttamente utilizzato, ovvero decorsi 30 giorni dalla data di presentazione della delega di pagamento, la delega è eseguita e le compensazioni e i versamenti in essa contenuti sono considerati effettuati alla data stessa della loro effettuazione». È un linguaggio criptico, sgrammaticato, proprio della algida tecnocrazia, non del diritto. Così che se vanno condivise misure effettive e mirate di contrasto delle compensazioni indebite, non si possono che biasimare disposizioni prive dei basilari precetti normativi, che rischiano di colpire tutti i contribuenti.
Il tutto con effetti che possono ben andare oltre la vicenda delle compensazioni e per i quali, in alcuni casi, non è utilizzabile il ravvedimento.
La contromossa del ricorso
Si pensi – come è già stato riportato su queste pagine (si veda Il Sole 24 Ore del 10 ottobre) – a tutti quegli istituti per i quali il mancato pagamento determina l’inefficacia del perfezionamento dell’istituto. Ad esempio, si consideri un accertamento con adesione a fronte di un atto impositivo che, in conseguenza del “blocco” della compensazione del pagamento della prima rata, non risulti perfezionato: l’atto di accertamento potrebbe diventare definitivo e, quindi, non più impugnabile.
Si è così dell’avviso che il contribuente che si ritenga penalizzato dalla comunicazione dello scarto del modello F24 debba senz’altro tutelarsi impugnando la ricevuta con la quale – con specifica motivazione, stabilisce il punto 2.3 del provvedimento – viene comunicato lo scarto. Qualora tale impostazione venga osservata pure nell’ipotesi in cui lo scarto della compensazione sia seguita da un atto tipizzato (avviso bonario, cartella), anche quest’ultimo dovrà essere impugnato, così che si verificherà cessazione della materia del contendere sull’impugnazione dello scarto.
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Dario Deotto
Stefano Zanardi