10/09/2018
La lunga attesa della pace fiscale
La prospettata ipotesi di pace fiscale si riflette già sui comportamenti dei contribuenti. Gli annunci che si rincorrono sono tanti, ma tutti portano a ipotizzare che la possibile pace fiscale non venga circoscritta alle sole cartelle di pagamento, ma includa altre situazioni, come i processi verbali di constatazione (Pvc) e la generalità delle liti tributarie.
La prima, inevitabile conseguenza – in questo periodo di attesa della norma definitiva – è una sorta di “congelamento” del ravvedimento operoso.
La ratio originaria del ravvedimento era quella di consentire all’autore di omissioni o di irregolarità di rimediarvi spontaneamente, prima però della constatazione delle violazioni. Dal 2015, invece, i contribuenti possono fruire dell’istituto a prescindere dall’eventuale inizio di accessi, ispezioni, verifiche o altre attività “prodromiche” all'accertamento, posto che ora sono ostativi solamente la notifica degli atti di accertamento e dei cosiddetti avvisi bonari.
In presenza di Pvc, il ravvedimento è dunque ammesso, con la riduzione a 1/5 del minimo delle sanzioni edittali. È chiaro che, di fronte a una ventilata ipotesi di definizione delle liti cosiddette “potenziali” (che già con l’articolo 15 della legge 289/2002 contemplava la possibilità di definire i Pvc) appare piuttosto remoto, in questa ultima parte dell’anno, l’utilizzo del ravvedimento in presenza di Pvc. Questo perché la nuova definizione non dovrebbe determinare alcuna penalità, come accadeva già nella versione del 2002 (altrimenti, si rischia l'insuccesso dell'iniziativa), mentre il ravvedimento operoso comporta comunque il pagamento di sanzioni, seppure ridotte.
Peraltro, gli operatori del diritto tributario ben sanno che c’è un altro problema legato al ravvedimento: il fatto che in presenza di violazioni plurime non si applica il cumulo giuridico – la cui “competenza” è necessariamente solo dell’ufficio – per cui in presenza di più violazioni, specialmente nell’Iva, è già ordinariamente più conveniente non ravvedersi, verificando che il conteggio della sanzione unica effettuato in seguito dall’ufficio risulti corretto (e approfittando poi della miriade di istituti deflattivi presenti nell’ordinamento).
Lo stesso principio – quello di “tenere in vita” determinate situazioni per poi profittare dell’annunciata pace fiscale – non può che valere per eventuali atti di accertamento notificati in questo periodo (oltreché per le liti già incardinate). Tranne in casi eccezionali, non dovrebbe avere senso, ad esempio, definirli in adesione (almeno, quella prevista oggi) o, peggio, in acquiescenza, trattandosi di istituti che comunque prevedono il pagamento di sanzioni, seppure ridotte.
Se l’atto di accertamento risulta notificato in questi giorni, al fine di non farlo “spirare”, sarà opportuno presentare istanza di adesione per allungare i termini di impugnazione (rendendo comunque “fattiva” l’adesione), per poi far ricorso nei termini di legge. Infatti, lo “spartiacque” tra definizione delle liti potenziali e quelle pendenti è sempre risultato quello dell’impugnazione o meno dell’atto (nei termini di legge) ad una determinata data (normalmente la data di entrata in vigore della norma). Gli atti (legittimamente) non ancora impugnati sono sempre stati fatti rientrare nelle cosiddette liti potenziali mentre quelli impugnati nelle liti pendenti.
Accanto alle ipotesi di definizione delle liti potenziali e di quelle pendenti occorre comprendere se vi saranno altre ipotesi di sanatoria. Tra queste, quella degli omessi versamenti, per i quali, anche in questo caso, non ha probabilmente senso la fruizione in questo periodo del ravvedimento operoso.
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Pagina a cura di Dario Deotto