04/08/2017
Scissione di singoli beni senza «abuso»

La scissione che ha per oggetto singoli beni seguita dalla cessione delle partecipazioni non risulta elusiva. Questo è il pensiero di Assonime, nella circolare 20/2017, in cui vengono presi in esame i recenti documenti delle Entrate (risoluzioni n. 97, 98 e 99) in tema di abuso del diritto.
Assonime rileva che finalmente l’Agenzia ha superato il precedente orientamento che ravvisava l’elusività della sequenza negoziale scissione-cessione della partecipazione, a meno che non venissero dimostrate quelle che Assonime definisce «non meglio precisate valide ragioni economiche». Si è sempre rilevato su queste pagine, infatti, l’erroneità della tesi che individuava l’assenza di valide ragioni economiche (ora sostanza economica) quale elemento fondante dell’elusione. Le valide ragioni economiche non potevano che costituire un eventuale elemento di giustificazione circa la non elusività delle operazioni.
Assonime rileva dunque che l’Agenzia ha riconosciuto, in ragione del principio del legittimo risparmio d’imposta, che un’azienda o un ramo d’azienda può circolare in via diretta o in via indiretta. In quest’ottica, la scissione seguita dalla cessione delle partecipazioni (nella scissa o nella beneficiaria) consente di accedere a questa alternativa, che è uno dei cardini della libertà di scelta di cui gode il contribuente. E questo a prescindere dalla sussistenza di valide ragioni economiche (oggi sostanza economica) o meno.
Assonime tuttavia ha dei dubbi quando, nella risoluzione 97/E/2017, si afferma che la sequenza scissione-cessione delle partecipazioni non deve riguardare «società sostanzialmente costituite solo da liquidità, intangibles o immobili». Se ne ricaverebbe la contrarietà dell’Agenzia – e, quindi, il riconoscimento dell’abuso del diritto – quando la scissione sia seguita dalla cessione delle partecipazioni della società (scissa o beneficiaria) destinataria di singoli beni e non di compendi aziendali. In pratica, per l’Agenzia la scissione avente ad oggetto, ad esempio, soli beni immobili potrebbe risultare elusiva se seguita dalla cessione delle partecipazioni.
Al riguardo, Assonime osserva che anche per i singoli beni non vi è alcun principio che imponga la cessione diretta in luogo della cessione indiretta, tant’è che, in assenza del requisito Pex, la cessione delle partecipazioni risulta tassato, e ciò costituisce riprova che la cessione indiretta di singoli beni è ammessa dall’ordinamento. Non solo. Viene ulteriormente rilevato che il risultato è sostanzialmente il medesimo di quello che si sarebbe realizzato in presenza di una partecipazione in una società che dall’origine avesse detenuto (soltanto) il singolo bene. In questo caso la scelta se cedere la partecipazione o il bene sarebbe stata certamente legittima e non elusiva.
In definitiva, anche Assonime rileva che i casi rientranti nell’abuso del diritto sono estremamente rari. Uno tra questi, a parere di chi scrive, risulta l’interposizione reale, che, di fatto, è il caso paradigmatico. Si tratta di un contratto perfettamente valido (per le parti e i terzi) da cui si ricava un vantaggio fiscale indebito. Infatti, l’elusione si ha in presenza di contratti, negozi, perfettamente legittimi da cui si consegue un vantaggio tributario indebito.
Da qui si evince l’assoluta mistificazione dell’inopponibilità. L’unico disconoscimento che l’Agenzia può eseguire è quello del vantaggio fiscale indebito, non delle operazioni che lo hanno originato. Se l’assetto negoziale risulta apparente o, comunque, alterato si è nel campo dell’evasione. Sarebbe interessante verificare, infatti, come opera l’inopponibilità nel caso della risoluzione 99/E, anch’essa commentata da Assonime, in cui i soci, in conclusione dell’operazione definita dall’Agenzia “circolare”, vanno a locare l’immobile alla società costituita.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Dario Deotto
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