04/02/2021
Società a ristretta base, nella rettifica anche i costi indeducibili
Anche i costi indeducibili possono legittimare la rettifica nei confronti dei soci di una società a ristretta base partecipativa. Questo perché «i costi indeducibili vanno ad alterare il conto economico, che, una volta emendato da tale errore, comporta inevitabilmente ricavi maggiori e, quindi, un reddito maggiore rispetto a quello dichiarato». In questi termini (a dir poco sorprendenti) si è pronunciata la Cassazione, con sentenza 2224/2021 del 2 febbraio.
La Corte aggiunge che «i costi fiscalmente non deducibili sono per loro natura costi neutrali ai fini fiscali, nel senso che di essi non è dato tener conto ai fini della determinazione della base imponibile, la cui quantificazione è quindi da ritenere essere stata comunque alterata, con conseguente inevitabile ricaduta sulla quantificazione delle imposte».
È come se per la Cassazione i costi ritenuti indeducibili (anche parzialmente) fossero un qualcosa “di sporco”, che ha alterato il conto economico e, quindi, deve essere trattato alla stregua dei ricavi non contabilizzati.
Questo ragionamento prescinde dalle regole del Tuir sul reddito d’impresa e da tutte quelle poste che aumentano la base imponibile (tant’è che più volte si è rappresentato che il vero problema della tassazione in Italia non sono le aliquote, ma la base imponibile) del risultato economico. Risultato quest’ultimo che viene “tacciato” sostanzialmente dalla Corte frutto di errore, quando il medesimo risultato viene poi rideterminato per effetto delle innumerevoli variazioni in aumento stabilite dello stesso Tuir.
In pratica, è come dire che tutte le volte che un costo viene ripreso in aumento (per effetto delle varie disposizioni del Tuir) il risultato di bilancio è stato alterato. Da parte della Corte si ritiene si sia operata una forzatura.
Lo stesso vale per la giurisprudenza di legittimità che ritiene provato data la ristrettezza della base societaria, che i maggiori ricavi accertati presso la società sono stati distribuiti ai soci.
Questo perché si tratta di una manipolazione (giurisprudenziale) della distribuzione degli oneri probatori. In sostanza, utilizzando questo modello, il giudice inverte la regola generale in materia di distribuzione dell’onere della prova. Pur non essendo in presenza di una presunzione legale relativa, sarebbe il contribuente, infatti, a dovere fornire prova idonea a vincere la presunzione. E ora, anche se già stabilito in altre occasioni (ma nella pronuncia 2224/2021 vi è un maggiore dettaglio), si ritiene di estendere tale manipolazione ai costi ritenuti indeducibili.
Peraltro, occorre rilevare che se gli uffici effettuano l’accertamento “trasferendo” ai soci (come “utili in nero”) lo stesso imponibile accertato in capo alla società, senza scomputare le maggiori imposte accertate nei confronti di quest’ultima, si è in presenza di un reddito d’impresa attribuito per trasparenza ai soci stessi.
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