Linea guida N.2
Il legittimo risparmio d'imposta

Massima.

Si realizza legittimo risparmio d’imposta quando il contribuente utilizza gli strumenti messi a disposizione dall’ordinamento che gli consentono un minore onere tributario. Qualche primo passo verso il riconoscimento di tali principi si è avuto anche da parte dell’Agenzia delle Entrate, dapprima nella circolare n. 26/E del 2016 sull’assegnazione agevolata dei beni, quindi con le risoluzioni n. 93/E e n. 101/E del 2016. In sostanza, anche l’Agenzia riconosce che se il contribuente, attraverso operazioni legittime, si pone nelle condizioni di fruire di un vantaggio fiscale previsto dalla legge si configura ipotesi di legittimo risparmio d’imposta. Per individuare ipotesi “abusive” è quindi necessario verificare: se il vantaggio conseguito è legittimo o meno; se illegittimo, che non si tratti di ipotesi riconducibile all’evasione; infine, se non è evasione e il vantaggio risulta illegittimo, si potrà ipotizzare l’abuso del diritto.

***

L’art. 10-bis dello Statuto del contribuente stabilisce espressamente che “resta ferma la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali differenti offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale”.
Si tratta del riconoscimento espresso al contribuente della facoltà di scegliere tra regimi opzionali diversi e tra operazioni comportanti un differente carico fiscale. Non si tratta, tuttavia, di una novità. Il legittimo risparmio d’imposta, ossia la possibilità di fruire liberamente tra diverse soluzioni messe a disposizione dal sistema, tra loro alternative anche solo per ragioni fiscali, rappresenta invero un profilo immanente dell’ordinamento tributario. Ad esso, del resto, vi si faceva espresso riferimento già nella relazione di accompagnamento all’introduzione dell’art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973, dove appunto si precisava che il legittimo risparmio tributario “si verifica quando tra vari comportamenti posti dal sistema fiscale su un piano di pari dignità, il contribuente adotta quello fiscalmente meno oneroso. Non c’è aggiramento fintanto che il contribuente si limita a scegliere tra due alternative che in modo strutturale e fisiologico l’ordinamento gli mette a disposizione. Una diversa soluzione finirebbe per contrastare con un principio diffuso in tutti gli ordinamenti tributari dei Paesi sviluppati, che consentono al contribuente di regolare i propri affari nel modo fiscalmente meno oneroso, e dove le norme antielusione scattano solo quando l’abuso di questa libertà dà luogo a manipolazioni, scappatoie e stratagemmi che - pur formalmente legali - finiscono per stravolgere con i principi del sistema. La norma antielusione non può quindi vietare la scelta tra una serie di possibili comportamenti cui il sistema attribuisce pari dignità di quello fiscalmente meno oneroso. Tra gli strumenti giuridici fungibili, ma che il sistema pone su un piano di sostanziale parità si pensi, ad esempio, alla scelta sul tipo di società da utilizzare, alla scelta tra cedere aziende e cedere partecipazioni sociali, o al sistema di finanziamento basato su capitale proprio o di debito, sul periodo d’imposta in cui incassare proventi o pagare spese, fino ad arrivare alla misura degli ammortamenti, degli accantonamenti e di tutte le altre valutazioni di bilancio… In tutti questi casi la scelta della via fiscalmente meno onerosa non è implicitamente vietata dal sistema, ma al contrario esplicitamente o implicitamente consentita, e non è configurabile alcun aggiramento di obblighi o divieti”.
Alla stregua di questa definizione si realizza pertanto legittimo risparmio d’imposta, e quindi non elusione né - oggi - abuso del diritto, qualora il contribuente semplicemente adotti soluzioni, percorsi giuridici, opzioni cui il sistema espressamente accorda un trattamento fiscale di maggior favore rispetto ad altri, equivalenti per effetti economici e/o giuridici conseguibili. Quando, appunto, è il sistema stesso che offre “l’alternativa” fiscalmente più vantaggiosa, la scelta del contribuente non può essere censurata. Il vantaggio fiscale che consegue è infatti un vantaggio offerto dal sistema, di sistema, quindi, non contrario ad esso. Come tale il sistema lo accetta, lo deve accettare.
I casi in cui ciò accade possono essere molteplici. Si può ipotizzare il caso della trasformazione societaria finalizzata a conseguire una minore imposizione oppure l’acquisizione di partecipazioni per rientrare nel consolidato domestico. La relazione citata, a sua volta, evocava l’opzione tra cedere aziende e cedere partecipazioni o tra finanziamento basato su capitale proprio e di debito[1], la scelta del periodo d’imposta in cui incassare proventi o pagare spese, fino alla misura degli ammortamenti, degli accantonamenti e di tutte le altre valutazioni di bilancio. Così come nella relazione illustrativa del D.Lgs. n. 128/2015 viene specificato che non si realizza una condotta abusiva laddove il contribuente scelga, per dare luogo all’estinzione di una società, di procedere a una fusione anziché alla liquidazione della stessa. Viene correttamente riportato che, se è vero che la prima operazione è a carattere neutrale e la seconda ha, invece, natura realizzativa, nessuna disposizione tributaria mostra “preferenza” per l’una o l’altra previsione.
Si può ben dire, quindi, che si realizza legittimo risparmio d’imposta quando il contribuente utilizza gli strumenti messi a disposizione dall’ordinamento che gli consentono un minore onere tributario. Peraltro, va rilevato che qualche primo passo verso il riconoscimento di tali principi si è avuto anche da parte dell’Agenzia delle Entrate, nella circolare n. 26/E/2016, sull’assegnazione agevolata dei beni prevista dall’art. 1, commi da 115 a 120, della legge n. 208/2015.
Ai fini dell’assegnazione o cessione agevolata occorreva che l’immobile risultasse diverso da quelli strumentali per destinazione. Tale condizione andava verificata al momento della assegnazione. Così, è stato ritenuto che un fabbricato utilizzato direttamente dalla società, ad esempio, a marzo 2016, ma concesso in locazione a giugno dello stesso anno potesse essere oggetto di assegnazione agevolata.
La circolare n. 26/E è risultata chiara: “il cambiamento di destinazione d’uso, anche se effettuato in prossimità della data di assegnazione per acquisire lo status di bene agevolabile, è scelta preordinata all’esercizio di una facoltà prevista dal legislatore dalla quale origina un legittimo risparmio d’imposta non sindacabile” in base alle norma sull’abuso del diritto. L’affermazione segue quanto già riportato nella circolare n. 16/E/2016, nella quale gli uffici sono stati invitati a valorizzare la ratio della disciplina dell’abuso del diritto, la quale può essere individuata solamente per esclusione, cioè dopo avere valutato se il risparmio d’imposta conseguito risulta legittimo o meno e quando il vantaggio fiscale, se indebito, non può essere annoverato tra i fenomeni riconducibili all’evasione.
Significativa risulta poi la risoluzione n. 93/E/2016 nella quale è stato precisato, sempre in tema di assegnazione agevolata, che se una società, di fronte a dei promissari acquirenti di un immobile di proprietà della società stessa, anziché provvedere all’alienazione, conseguendo delle rilevanti plusvalenze, lo assegna prima ai soci, fruendo della tassazione agevolata sostitutiva dell’8 per cento, e poi gli stessi soci provvedono alla cessione del fabbricato ai precedenti promissari acquirenti della società al valore “di carico” conseguente all’assegnazione, si realizza ipotesi di legittimo risparmio d’imposta. Nello stesso senso l’ultima risoluzione n. 101/E/2016, con la quale è stato ritenuto perfettamente legittimo il comportamento di una società che detenendo anche beni non rientranti nella trasformazione agevolata della L. 208/2015 ha dapprima effettuato la scissione parziale, mantenendo in capo alla scissa i beni non agevolati, e poi ha provveduto alla trasformazione in società semplice della beneficiaria, fruendo dei vantaggi fiscali previsti.
In sostanza, anche l’Agenzia riconosce che se il contribuente, attraverso operazioni legittime, si pone nelle condizioni di fruire di un vantaggio fiscale previsto dalla legge si configura ipotesi di legittimo risparmio d’imposta ai sensi del comma 4 dell’articolo 10-bis della L. 212/2000 (la norma sull’abuso del diritto). Si può dire, quindi, che si realizza legittimo risparmio d’imposta quando il contribuente utilizza gli strumenti messi a disposizione dall’ordinamento che gli consentono un minore onere tributario a prescindere dall’assenza di sostanza economica o meno delle operazioni poste in essere. Peraltro, va notato che la nuova direttiva 2016/1164 sulle pratiche di elusione fiscale “ripudia” il concetto di sostanza economica facendo riferimento a quello della “genuità” delle operazioni.
In sostanza, il percorso da fare per individuare ipotesi “abusive” risulta il seguente: verificare se il vantaggio conseguito è legittimo o meno; se risulta illegittimo, occorre verificare che non si tratti di ipotesi riconducibile all’evasione; se non è evasione e il vantaggio risulta illegittimo, si potrà ipotizzare l’abuso del diritto.
Si può dire, quindi, che l’errore di fondo è stato fino ad ora di pensare che via sia un unico percorso giuridico, un solo schema negoziale, così che le norme antielusive avrebbero avuto il compito di adeguare la tassazione alla sostanza economica di quest’ultimo (unico) percorso, di questo schema, superando i percorsi e gli schemi utilizzati. Invece, occorre ammettere che si ha legittimo risparmio d’imposta ogni qualvolta il contribuente seleziona all’interno dell’ordinamento e pone in essere la condotta fiscalmente meno onerosa tra due o più percorsi negoziali tra loro alternativi ma equivalenti in termini di risultati economici-giuridici.
Così che sicuramente il professionista può intestare l’immobile dello studio alla propria società di servizi, con quest’ultima che poi “ribalta” gli oneri dello stesso immobile al professionista. Allo stesso modo, può scegliere di incassare un onorario in un anno anziché in un altro. Parimenti, costituisce legittimo risparmio d’imposta la cessione delle partecipazioni dopo la scissione del ramo immobiliare così come la scissione non proporzionale o asimmetrica (si veda anche circolare n. 21/2016 Assonime). Allo stesso modo, sempre a titolo esemplificativo, costituisce legittimo risparmio d’imposta la trasformazione di una società in un’altra con un minore carico impositivo ovvero la riorganizzazione partecipativa nell’ambito del gruppo per fruire del consolidato fiscale.

[1] Ha riconosciuto il diritto dell’impresa di scegliere se finanziarsi con risorse proprie o di terzi e, così, escluso un’ipotesi elusiva nel caso di una società che prima aveva ridotto il capitale sociale con distribuzione ai soci e poi emesso un prestito obbligazionario sottoscritto dai medesimi soci, Cass. 15 luglio 2015, n. 14761.

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