Linea guida N.17
Le conseguenze fiscali della “trasformazione impropria” da società di persone in impresa individuale.
Massima

Il passaggio da società di persone in impresa individuale rappresenta un’ipotesi di “trasformazione impropria”, anche se, a parere dell’Amministrazione finanziaria, l’operazione realizzerebbe, invece, un’assegnazione d’azienda. Si rileva, tuttavia, che, nonostante la diversa qualificazione dell’operazione, l’impatto fiscale risulta sostanzialmente il medesimo, considerando che in entrambe le ipotesi è dovuta l’imposta di registro in misura fissa, così come l’operazione risulta neutrale ai fini delle imposte dirette e fuori dal campo di applicazione dell’Iva. Qualora la società di persone risultasse anche proprietaria di beni immobili, occorre considerare che sono altresì dovute le imposte ipotecarie e catastali.


***

L’articolo 2272 del Codice Civile, al primo comma, n. 4), prevede, quale causa di scioglimento delle società di persone, il venire meno della pluralità dei soci qualora la pluralità non venga ricostituita entro il termine di sei mesi. In sostanza, nel caso si verifichi una circostanza che comporti il venire meno della pluralità dei soci (in conseguenza di recesso del socio, morte, eccetera), senza ricostituzione della stessa entro sei mesi, la società dovrebbe “teoricamente” avviare la procedura di liquidazione, con conseguente successiva cancellazione della società dal registro delle imprese.
Sovente accade, tuttavia, che l’attività economica prosegua anche nell’ipotesi in cui si verifichi la predetta causa di scioglimento; in tal caso, l’attività continua sotto forma di impresa individuale riferita al socio superstite. Si realizza, quindi, una sorta di “trasformazione impropria” da società di persone a impresa individuale, “impropria” in quanto non espressamente prevista dall’ordinamento.
Preliminarmente occorre comprendere se, sotto il profilo civilistico, tale ipotesi trasformativa risulti comunque ammessa. In proposito, si rileva che la questione risulta piuttosto controversa: infatti, autorevole dottrina[1] sostiene che il passaggio da società ad impresa individuale abbia natura trasformativa; tuttavia, si riscontrano talune pronunce giurisprudenziali che escludono la realizzazione di un’ipotesi trasformativa[2].
Si conviene, ad ogni modo, con il Consiglio Nazionale del Notariato[3], il quale ritiene che, a seguito della riforma del diritto societario prevista dal Dlgs. n. 6 del 17 gennaio 2003, il passaggio da società ad impresa individuale risulti qualificabile come una trasformazione che deve ritenersi ammessa dall’ordinamento. Infatti, come avvalorato da una parte consistente della dottrina, il fatto che la qualificazione normativa della trasformazione societaria preveda il passaggio da società di capitali a comunione di azienda (e viceversa) deve essere interpretato – in forza del ricorso all’applicazione analogica della disciplina delle trasformazioni – come implicito riconoscimento della possibilità di trasformare una società di capitali unipersonale in impresa individuale e, conseguentemente, anche di una società di persone, per la quale è venuta meno la pluralità dei soci, in impresa individuale. Occorre infatti rappresentare che, considerando che il legislatore non ha previsto una definizione normativa dell'operazione di trasformazione, è da ritenere risulti consentito comprendere in tale fenomeno tutte le fattispecie che presentino caratteristiche compatibili con quelle espressamente menzionate dal legislatore. Occorre precisare che l’operazione può configurarsi come “trasformazione” a condizione che non venga meno l'azienda (intesa come l'insieme dei beni organizzati per l'esercizio dell'attività d'impresa), risultando invece irrilevante il fatto che la persona fisica in cui viene “trasformata” la società eserciti personalmente o meno l'azienda oggetto di trasformazione[4].
Occorre ulteriormente considerare che la trasformazione da società a impresa individuale consente di mantenere la continuità dei rapporti giuridici, in quanto – nonostante vi sia una variazione dell'identità del soggetto titolare dell’azienda – il complesso dei beni organizzato che costituisce l’azienda rimane destinato al perseguimento del medesimo scopo, circostanza che giustifica la prosecuzione in tutti i rapporti attivi e passivi dell'ente trasformato ai sensi dell'art. 2498 del C.C.
Di diverso orientamento risulta, tuttavia, l’Agenzia delle Entrate[5], secondo la quale la continuazione dell’attività economica da parte del socio superstite, al venire meno della pluralità dei soci, non costituisce una fattispecie riconducibile alla trasformazione. In sostanza, secondo le Entrate, anche nell’ipotesi in cui il socio superstite decida di continuare l’attività individualmente si dovrebbe comunque provvedere allo scioglimento della società e alla liquidazione della stessa.
Il passaggio del patrimonio societario dalla società all’imprenditore individuale dovrebbe quindi avvenire, sempre secondo l’Agenzia delle Entrate, mediante l’assegnazione dell’azienda, che risulterebbe la fase conclusiva della liquidazione della società stessa.
La diversa configurazione civilistica del “passaggio” da società in impresa individuale – trasformazione oppure assegnazione di azienda – non comporta, tuttavia, in linea generale, un diverso trattamento fiscale dell’operazione, ad eccezione, eventualmente, del carico fiscale dovuto in relazione alle imposte ipotecarie e catastali qualora la società di persone “trasformanda” risultasse anche proprietaria di beni immobili.
Difatti, per quanto riguarda le imposte dirette, sia nell’ipotesi in cui il “passaggio” tra società e impresa individuale si ritenga configuri una trasformazione, sia nell’ipotesi in cui si propenda per l’orientamento che ritiene necessaria l’assegnazione di azienda, l’operazione risulta comunque neutrale. La neutralità della trasformazione[6] è infatti stabilita dall’articolo 170 del Tuir, mentre l’assegnazione di azienda, come chiarito dall’Agenzia delle Entrate[7], non fa emergere plusvalenze imponibili in relazione ai beni oggetto dell'attività d'impresa, a condizione che il socio superstite continui l'attività sotto forma di ditta individuale e mantenga inalterati i valori dei beni.
Anche per quanto concerne l’Iva, il trattamento fiscale risulta il medesimo. Infatti, la trasformazione risulta esclusa dal campo di applicazione IVA ai sensi dell’articolo 2 comma 3, lett. f) del DPR 633/1972. Ma, allo stesso modo, anche l’assegnazione di azienda, come confermato dalla stessa Agenzia delle Entrate[8], non rientra nel campo di applicazione dell'IVA[9] (in base all’articolo 2, comma 3, lett. b), del DPR 633/1972).
Discorso analogo si deve fare per l’imposta di registro. Infatti, la trasformazione è soggetta ad imposta di registro nella misura fissa ai sensi dell'art. 4, co. 1 lett. c) della Parte prima della Tariffa allegata al DPR 131/86[10]. Ma pure l’assegnazione di azienda, come affermato anche dall’Agenzia delle Entrate[11], considerando il principio di alternatività previsto dall’articolo 40 del Testo Unico dell’imposta di registro, sconta l’imposta di registro in misura fissa (articolo 4, lett. d), n. 2 e lett. a), n. 3) della Tariffa, Parte prima), anche nel caso in cui dell'azienda facciano parte beni immobili[12].
A tale ultimo proposito, occorre considerare che risultano conseguentemente dovute le imposte catastali e ipotecarie. Come accennato più sopra, la misura di tali imposte varia a seconda che l’operazione sia qualificata come trasformazione oppure come assegnazione di azienda.
Si rileva che, in linea generale, la trasformazione di una società che detiene degli immobili sconta le imposte catastali e ipotecarie in misura fissa. Va segnalato al riguardo che il Comitato Notarile Triveneto[13]  –  pur condividendo lo stesso orientamento del Consiglio nazionale del Notariato, ossia che il passaggio tra società e impresa individuale rappresenti un’ipotesi di trasformazione - prudenzialmente ritiene di rispettare le disposizioni di forma sui trasferimenti, le quali prevedono che le imposte ipotecarie e catastali sono dovute in misura proporzionale con l’applicazione delle aliquote rispettivamente del 2% e 1%.
Nel caso in cui l’operazione venga qualificata come assegnazione d’azienda, l’orientamento prevalente[14] (compreso quello dell’Amministrazione finanziaria) risulta quello di ritenere dovute le imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale con l’applicazione delle aliquote sopra richiamate. Per completezza, si rileva che un secondo orientamento dottrinale sostiene che, invece, l'assegnazione di azienda con immobili sconti le imposte ipotecaria e catastale in misura fissa, in ragione della generale assimilazione dell'assegnazione al conferimento[15].
In conclusione, alla luce delle considerazioni sopra rappresentate, si è del parere che l’operazione di “trasformazione” da società di persone ad impresa individuale sia da assoggettare ad imposta di registro in misura fissa, così come l’operazione risulti neutrale ai fini delle imposte dirette e fuori dal campo di applicazione dell’Iva. Per quanto concerne le imposte ipotecarie e catastali, si ritiene senz’altro sostenibile – posto che si condivide la natura (civilistica) “trasformativa” dell’operazione – l’applicazione in misura fissa delle stesse. Tuttavia, se si volesse aderire alla tesi dell’Agenzia delle Entrate, al fine di evitare un probabile futuro contenzioso, si può ritenere giustificato il pagamento delle imposte ipotecarie e catastali in misura proporzionale con l’applicazione delle aliquote rispettivamente del 2% e 1%.
[1] MALTONI, I limiti all'autonomia privata nelle trasformazioni eterogenee, in Riv. not., 2003, 1381 ss.; ID., La trasformazione eterogenea: in generale, in MALTONI - TASSINARI, La trasformazione delle società, Milano, 2005, 229 ss.; GUERRERA, Trasformazione, fusione e scissione, in AA.VV., Diritto delle società. Manuale breve, Milano, 2012, 437; TASSANI, La "trasformazione" di società in impresa individuale tra riforma societaria e regimi fiscali, cit., 1933 ss.; SARALE, Sub art. 2500-septies c.c., in Il nuovo diritto societario Commentario dir. Cottino - Bonfante - Cagnasso - Montalenti, Bologna, ***, 2004, 2273; GENOVESE, La trasformazione eterogenea, in Il nuovo diritto societario. Prime riflessioni su alcuni contenuti di disciplina, cur. Genovese, Torino, 2004, 57, CETRA, Le trasformazioni "omogenee" ed "eterogenee", in Il nuovo diritto delle società. Liber Amicorum Gian Franco Campobasso, dir. Abbadessa-Portale, Torino, 2006, 4, 140 ss. In senso contrario, DE ANGELIS, La trasformazione nella riforma del diritto societario, in Società, 2003, 383 ss.; ID., Trasformazioni eterogenee: sottintesi e reticenze della legge di riforma, in Società, 2005, 1220; FRANCH, sub art. 2500-septies c.c., in Trasformazione - fusione, scissione, (a cura di) Bianchi, nel Commentario alla riforma delle società, dir. Marchetti, Bianchi, Ghezzi, Notari, Milano, 2006, 260 ss.; SANTOSUOSSO, Della trasformazione, in Società di capitali, Commentario Niccolini - Stagno d'Alcontres, Napoli, 2004, 1900 ss.; PAVONE LA ROSA, Comunione d'azienda e società di capitali: ammissibilità di una trasformazione, in Giur. comm., 2005, 147 ss. Sul punto, v. anche PAOLINI - RUOTOLO, Trasformazione di s.r.l. unipersonale in impresa individuale. (Quesito n. 13-2006/I), in Studi e materiali, 2007, 881.
[2] Sentenza della Corte di Cassazione n. 496 del 14.1.2015, sentenza del Tribunale di Mantova del 28.3.2006, sentenza della Corte di Appello di Torino del 14.7.2010, sentenza del Tribunale di Piacenza del 22 dicembre 2011.
[3] Documento n. 545-2014/I del 9.9.2014 del Consiglio Nazionale del Notariato.
[4] Massima del Comitato Notarile Triveneto n. K.A.37 del settembre 2014.
[5] Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 47 del 3.4.2006.
[6] Si noti che sia la società, sia l’impresa individuale sono enti che svolgono un’attività commerciale.
[7] Circolare dell’Agenzia Entrate n. 54 del 19.6.2002.
[8] Risoluzione dell’Agenzia Entrate n. 47 del 3.4.2006.
[9] Qualora invece l’operazione configuri un’assegnazione di beni, essa assumerebbe rilevanza ai fini IVA (in tal senso la risposta ad interpello n. 142 del 28.12.2018).
[10] In tale senso anche lo studio del Consiglio nazionale del Notariato n. 3/2005/T del 24.6.2005.
[11] In tal senso anche la risoluzione n. 361921 del 25.7.1977.
[12] In tal senso la risoluzione n. 99 del 3 luglio 2001.
[13] Massima del Comitato Notarile Triveneto n. K.A.37 del settembre 2014.
[14] In tal senso la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 18 del 29.5.2013 par. 6.36, la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 25 del 30.5.2005 e la risoluzione n. 47 del 3 aprile 2006 ma anche lo studio del Consiglio Nazionale del Notariato n. 36/2011-T del 15.7.2011 (§ 8).
[15] In tal senso lo Studio Consiglio Nazionale del Notariato n. 74/2011-T del 9.2011 (§ 5.3) e Busani A. “L’imposta di Registro”, Ipsoa 2009, pag. 492 nota 243.

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