20/11/2017
Confondere abuso ed evasione si rivela un boomerang per il Fisco
Che l'abuso del diritto trovi applicazione anche ai fini dell'imposta di registro appare pacifico. Così che risulta davvero pleonastica la previsione che il Ddl di Bilancio 2018 vorrebbe inserire all'articolo 53-bis del Dpr 131/1986, stabilendo – peraltro, in una norma con una chiara matrice che attiene i poteri istruttori – il riferimento all'abuso del diritto.
Soprattutto, però, lascia molto perplessi il fatto che nella relazione illustrativa si preveda che un eventuale «vantaggio fiscale» potrà essere valutato nell'ottica dell'abuso del diritto, quando è noto che soltanto un «vantaggio fiscale indebito» può realizzare ipotesi elusiva. Senza considerare che ancora più dirompente risulta il passaggio in cui si afferma che, con le modalità previste dall'abuso del diritto, potrà essere contrastato il trasferimento di singoli asset che, in realtà, cela una cessione d'azienda. Si tratta di affermazioni che lasciano stupiti. È noto, infatti, che l'evasione identifica la violazione di precetti normativi, perpetrata attraverso atti e comportamenti celati, nascosti o, comunque, volti a dissimulare l'effettiva ricchezza prodotta mediante la creazione di una realtà in apparenza divergente da quella effettiva. Quindi rientrano senz'altro nell'evasione tutte le ipotesi di simulazione, di dissimulazione, di interposizione fittizia, come di frode nonché, più in generale, tutti i casi in cui la realtà economico-giuridica posta in essere è diversa da quella che il contribuente ha inteso palesare. Perciò il cosiddetto “spezzatino” nel trasferimento d'azienda, che “nasconde” una cessione della stessa azienda, non può che risultare una chiara ipotesi di evasione.
Nell'abuso del diritto non vi è invece alcuna manipolazione della realtà: vi è coincidenza tra ciò che le parti dichiarano di volere e ciò che realmente vogliono. È il solo vantaggio conseguito che risulta indebito.
Peraltro, va rilevato che l'evasione si sostanzia anche quando non si rispetta una specifica legge la cui ratio è di natura antielusiva, come quelle, ad esempio, relative alla disciplina sul transfer pricing, al “commercio di bare fiscali”, alla disciplina Cfc, alle specifiche norme antielusive ai fini dell'Ace. Si tratta di disposizioni che hanno una finalità antielusiva ma, contenendo un “comando” preciso e definito, qualora non vengano rispettate, realizzano chiaramente un'ipotesi di illecito e, quindi, di evasione. Conseguentemente – come correttamente rilevato dalla Corte di cassazione, nella sentenza 40272/2015 – per queste ultime, così come per tutte le norme specifiche con finalità antielusive disseminate nell'ordinamento, non si può applicare l'esclusione della rilevanza penale prevista per l'abuso del diritto, così come le altre garanzie a favore del contribuente in presenza di abuso.
Tutto questo porta a ritenere assolutamente contradittoria una affermazione come quella contenuta nella relazione illustrativa alle modifiche proposte all'articolo 20 del registro, in cui si confonde l'abuso del diritto con l'evasione. L'articolo 10-bis dello Statuto del contribuente (comma 12) almeno su questo risulta chiaro: l'abuso del diritto è altra cosa rispetto all'evasione.
Significa, in sostanza – se quanto riportato nella relazione verrà confermato – che per tutte le vicende di evasione il contribuente si sentirà autorizzato a difendersi dicendo che si tratta di abuso del diritto, poste le articolate serie di garanzie procedimentali che la norma sull'abuso offre, a differenza di quelle riconducibili all'evasione.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
D.D.
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