02/03/2019
Definizione Pvc meno costosa se l’accertamento riduce i rilievi
Definizione dei Pvc ancora da decifrare quando la “consistenza” del successivo atto di accertamento diverge da quella dello stesso Pvc.
Con il provvedimento delle Entrate del 23 gennaio scorso sono state risolte quasi tutte le questioni relative alla definizione dei Pvc e i “rapporti” con il conseguente (successivo) atto di accertamento. In particolare, è stato stabilito che non costituisce elemento ostativo alla sanatoria la presentazione di un’istanza di adesione in relazione all’atto di accertamento (conseguente al Pvc) notificato dopo il 24 ottobre 2018. Allo stesso modo, non costituisce situazione ostativa alla definizione del Pvc l’impugnazione dell’atto di accertamento (sempre derivante dal Pvc) notificato dopo il 24 ottobre 2018.
Il provvedimento stabilisce un altro aspetto significativo. Al punto 6.2 viene previsto che gli effetti del perfezionamento della definizione prevalgono sulle eventuali attività di accertamento svolte successivamente al 24 ottobre (sempre riferite alle violazioni constatate nel Pvc) anche in caso di mancata impugnazione e scadenza del relativo termine. La previsione vuole in sostanza stabilire che risulta possibile provvedere alla definizione del Pvc anche quando il conseguente atto di accertamento notificato dopo il 24 ottobre 2018 è divenuto definitivo per mancata impugnazione. Il perfezionamento del Pvc prevale, in definitiva, sull’attività di accertamento successiva al 24 ottobre derivante dallo stesso Pvc.
Occorre però comprendere se la previsione del punto 6.2 del provvedimento possa trovare applicazione anche quando il quantum richiesto con l’atto di accertamento successivo diverga dal contenuto del Pvc. In altre parole, si pensi al caso in cui il maggiore imponibile derivante dal Pvc risulti pari a 100, mentre l’atto di accertamento conseguente allo stesso – notificato dopo il 24 ottobre - rechi un maggiore imponibile pari a 80. Ciò potrebbe verificarsi sia in conseguenza di memorie presentate dal contribuente, sia di iniziativa dell’ufficio.
In tal caso, non pare possa trovare applicazione la previsione del punto 6.2 del provvedimento in relazione alla “supremazia” del Pvc rispetto all’attività di accertamento successiva (che costringerebbe, con riferimento all’esempio riportato, a provvedere alla definizione sul maggiore imponibile di 100). Infatti, a ben vedere, tale previsione si riferisce esclusivamente agli effetti della definizione, nel senso che il perfezionamento della stessa comporta l’inefficacia degli atti di accertamento successivi. La norma, in sostanza, non dispone la prevalenza di un atto (il Pvc) su un altro (l’atto di accertamento), ma l’estensione degli effetti del perfezionamento della sanatoria dei Pvc sull’attività impositiva successiva.
Occorre peraltro rilevare che per le liti pendenti è stato chiarito che l’annullamento parziale nel corso del giudizio dell’atto impugnato consente al contribuente di definire la lite in base ai nuovi e inferiori importi, e non a quelli originariamente risultanti al 24 ottobre 2018.
Anche se con i dovuti distinguo, è da ritenere che il medesimo principio debba valere per la definizione dei Pvc: in sostanza, quest’ultima deve necessariamente tenere conto di eventuali «annullamenti parziali» conseguenti alla notifica (dopo il 24 ottobre) del successivo atto di accertamento. In pratica, nel caso in precedenza riportato, nonostante il Pvc preveda un maggiore imponibile di 100, la definizione deve essere consentita per 80.
E questo dovrebbe valere anche quando la medesima contestazione (annullata) riguarda i periodi d’imposta successivi, ancorché non “recepita” in atti di accertamento ancora notificati entro la data del perfezionamento della definizione del Pvc.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Dario Deotto
Antonio Iorio
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