25/10/2021
Più limiti partecipativi per le Stp rispetto alle società tra avvocati
La disciplina delle Stp (società tra professionisti) e delle Sta (società tra avvocati) è troppo frammentaria e limitativa, con disparità di trattamento che rendono necessaria una rivisitazione delle regole dell’esercizio delle professioni in forma societaria.
Si pensi alla questione legata alla possibilità di partecipare a più società. La norma che regola le disposizioni della Stp (articolo 10 della legge 183/2011) al comma 6 stabilisce che la partecipazione a una società è incompatibile con la partecipazione ad altra società tra professionisti (ma non a un’associazione professionale). In sostanza, chi risulta socio di una Stp non può fare parte della compagine societaria di un’altra Stp. Peraltro, per come è scritta la norma, sembrerebbe che lo stesso divieto riguardi anche la figura dei soci non professionisti: ad esempio, il socio per finalità d’investimento. Si tratta di un anacronismo che non ha ragione d’essere (sia per i soci professionisti che non).
Nella Sta, invece, non si rinviene una simile limitazione: in sostanza, un avvocato può partecipare a più società tra avvocati. La norma di riferimento è l’articolo 4-bis della legge 247/2012, disposizione speciale rispetto a quella generale dell’articolo 10 della legge 183, con la conclusione che la prima prevale sulla seconda, così come prevale sulla parimenti speciale, ma anteriore, disciplina del Dlgs 96/2001 relativa all’attuazione della direttiva sullo svolgimento della professione di avvocato in un Paese Ue (in questo senso Cassazione a sezioni unite 19282/2018).
Si giunge pertanto al risultato che il socio (professionista o meno) di Sta può senz’altro partecipare a più Sta, mentre resta il dubbio se il socio non avvocato di Sta possa partecipare anche a una Stp. Essendo, come detto, quella della Sta una normativa speciale, la risposta dovrebbe essere positiva, considerando che le regole della Stp vietano la partecipazione soltanto ad altra Stp. Le perplessità, tuttavia, restano: il documento del 21 settembre 2020 della Fondazione nazionale dei commercialisti conclude negativamente. Il problema, comunque, è “a monte”: si tratta di eliminare l’anacronistico limite partecipativo stabilito per le Stp.
Occorre peraltro considerare che, secondo l’articolo 4-bis della legge 247/2012, per l’esercizio in forma societaria della professione di avvocato «i soci, per almeno due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto, devono essere avvocati iscritti all’albo, ovvero avvocati iscritti all’albo e professionisti iscritti in albi di altre professioni». Inoltre, per configurare una Sta occorre che la maggioranza dell’organo di gestione sia composto da soci avvocati.
Ciò porta a concludere che si possa costituire una Sta in cui i 2/3 del capitale siano suddivisi equamente tra un commercialista, un consulente del lavoro e un avvocato, con quest’ultimo che risulti l’amministratore unico. In tal caso, se si condivide la tesi che chi partecipa a una Sta possa partecipare anche a una Stp, si avrebbe, ad esempio, che un commercialista potrebbe partecipare a entrambe. [...]
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Dario Deotto
Stefano Zanardi
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