30/08/2021
Realizzo controllato su quote di minoranza: conferitaria unipersonale ma non per sempre
La norma che ammette al regime del “realizzo controllato” i conferimenti di partecipazioni qualificate di minoranza (comma 2-bis dell’articolo 177 del Tuir) crea non poche incertezze, soprattutto rispetto alla condizione che la conferitaria risulti interamente partecipata dal conferente. Questo, in particolare, nell’ottica dell’abuso del diritto.
Attraverso il Dl 34/2019 è stato introdotto il comma 2-bis dell’articolo 177 del Tuir, che ha esteso il regime del “realizzo controllato” ai casi in cui le partecipazioni non integrino o non accrescano il requisito del controllo sulla società conferita, purché il conferimento abbia comunque ad oggetto partecipazioni che superano determinate soglie di “qualificazione”. È sufficiente infatti che le partecipazioni conferite rappresentino, complessivamente, una percentuale di diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20% o una partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 5 o al 25%, a seconda che si tratti di titoli negoziati nei mercati regolamentati o di altre partecipazioni.
È posta tuttavia una seconda condizione affinché operi la “neutralità indotta”: la partecipazione “qualificata” deve essere conferita in una società «interamente partecipata dal conferente».
Tale ultimo requisito necessita di specifiche considerazioni. Infatti, il dato letterale della norma induce indubitabilmente a ritenere che la società conferitaria debba essere interamente partecipata dal soggetto conferente. In sostanza, il regime a “realizzo controllato” disciplinato dal comma 2-bis dell’articolo 177 riguarda solo le società conferitarie unipersonali. Pertanto, i conferimenti congiunti da parte di due soggetti diversi (tipicamente, due coniugi nelle operazioni funzionali a gestire il passaggio generazionale in ambito familiare) non possono fruire del regime in parola. Ciò diversamente da quanto viene invece previsto dal comma 2 del medesimo articolo 177 nel caso di partecipazioni di controllo.
Tale lettura è stata confermata dall’agenzia delle Entrate che, ad esempio, nelle risposte ad interpello 229, 309, 314 e 315 del 2020 e 57 e 238 del 2021, ha affermato e ripetuto che «il riferimento al conferente porta a ritenere che la volontà del legislatore sia quella di favorire la costituzione di holding esclusivamente unipersonali per la detenzione di partecipazioni qualificate». Si ritiene che l’interpretazione data dall’Amministrazione finanziaria risulti in linea con il dettato normativo. Occorre però rilevare che la condizione di «società interamente partecipata dal conferente», richiesta dal comma 2-bis, deve – chiaramente – sussistere al momento del conferimento delle partecipazioni. La norma non dispone alcunché circa il “mantenimento temporale” di tale condizione soggettiva.
Parimenti, la medesima disposizione di legge non contempla alcuna limitazione temporale alla successiva circolazione della partecipazione nella società conferitaria.
L’unico presidio antielusivo di ordine temporale previsto dalla norma attiene infatti alla specifica previsione dell’ultimo periodo del comma 2-bis (dell’articolo 177), il quale estende il cosiddetto holding period da 12 a 60 mesi, in capo alla società conferitaria, per le partecipazioni oggetto di “apporto”.
Questo implica che, a parere di chi scrive, la partecipazione nella società holding conferitaria può essere successivamente trasferita (a titolo oneroso o a titolo gratuito) a soggetti terzi, facendo anche venire meno la condizione (lo si ripete, richiesta solo al momento del conferimento) di «società interamente partecipata dal conferente». Tutto ciò a meno che – come confermato anche dalle Entrate negli interpelli 429/2020 e 552/2021 di mercoledì scorso – tali successivi “trasferimenti” non riportino, anche parzialmente, alla situazione ex ante, perché in tali casi si può ravvisare una “circolarità delle operazioni” determinante ipotesi di abuso del diritto. [...]
Dario Deotto
Luigi Lovecchio
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