28/07/2017
Stop alle operazioni «circolari»

Le operazioni cosiddette “circolari” realizzano ipotesi di abuso del diritto.
Con la risoluzione n. 99/E di ieri l’agenzia delle Entrate si è pronunciata per la prima volta su un’ipotesi di abuso secondo l’articolo 10-bis dello Statuto del contribuente.
Il caso è il seguente: una società risulta intestataria di un immobile che utilizza direttamente. La stessa vorrebbe assegnarlo ai soci, utilizzando le norme agevolative della legge 208/2015. Queste ultime, tuttavia, prevedono il trattamento agevolativo per gli immobili diversi da quelli utilizzati direttamente. Sicché la società intenderebbe:
conferire l’azienda in una New.co costituita dagli stessi soci della società conferente;
concedere in locazione l’immobile alla stessa New.co;
assegnare l'immobile ai soci;
sciogliersi e assegnare ai soci la partecipazione nella New.co.
Secondo la risoluzione, si tratterebbe di abuso del diritto. Questo in quanto l’operazione complessiva consentirebbe al bene immobile di potere rientrare (risultando non più strumentale per destinazione) indebitamente nella disciplina dell’assegnazione agevolata prevista dalla legge 208/2015. Secondo la risoluzione non si realizzerebbe, in sostanza, la modifica della destinazione dell’immobile, perché il bene verrebbe utilizzato dalla società conferitaria svolgente la stessa attività della società conferente, oltreché partecipata dai medesimi soci.
Si tratta, quindi, sempre secondo la risoluzione, di un’operazione cosiddetta “circolare”: il percorso negoziale seguito porta a un risultato sostanzialmente identico al punto di partenza. Per operazioni circolari devono infatti intendersi quelle sequenze negoziali i cui effetti sono destinati a elidersi, di modo da lasciare sostanzialmente immutato l’assetto originario. La ratio delle operazioni circolari risulta, di fatto, quello di conseguire un vantaggio fiscale esclusivo, così che il risultato fiscale coincide con quello economico.
Su tutto questo occorre svolgere delle considerazioni. Infatti, qualche perplessità vi è sulla riconducibilità delle operazioni oggetto della risoluzione all’abuso del diritto e sul fatto che si tratti di operazioni circolari. A ben vedere, l’immobile, alla fine, verrebbe dato in locazione dai soci persone fisiche alla società (la New.co): quindi la situazione conclusiva non è proprio quella di partenza (in cui l’immobile risultava di proprietà della società conferente).
Questo non tanto per avvalorare il tipo di operazione proposta, ma per mettere ancora una volta in luce il sottile confine tra evasione ed elusione (abuso del diritto) che né la nuova norma italiana né le disposizioni comunitarie - che ora fanno riferimento alle “operazioni non genuine” - hanno ancora definito.
Le operazioni “circolari”, le operazioni “non genuine”, sono di fatto situazioni ascrivibili alla simulazione/dissimulazione/interposizione, cioè vicende di evasione. Peraltro, va rilevato che non è che se l’unica finalità di un’operazione è quella di ottenere un vantaggio fiscale, questa operazione va definita elusiva (meglio tornare a utilizzare tale termine in luogo di abuso del diritto) in quanto difettante di sostanza economica.
Una società può infatti legittimamente trasformarsi in società di altro tipo solamente per fruire di un’imposizione più favorevole. Non c’è sostanza economica che tenga, se non quella del vantaggio fiscale. Allo stesso modo, già la relazione al vecchio articolo 37-bis del Dpr 600/1973 imputava al legittimo risparmio d’imposta la scelta di incassare un provento in un esercizio in luogo di un altro: scelta fatta per esclusive ragioni fiscali.
Questo per dire che risulta un fraintendimento quello di ricercare l’abuso nell’assenza di sostanza economica e per affermare che, per il caso della risoluzione, l’Agenzia avrebbe potuto utilizzare, più propriamente, e anche in via semplicemente presuntiva, la dissimulazione delle operazioni poste in essere.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Dario Deotto
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