26/04/2021
I sistemi utilizzati per motivare un atto vanno resi conoscibili al cittadino
Se i sistemi di intelligenza artificiale (Ia) possono risultare un fondamentale ausilio nell’attività istruttoria dell’amministrazione finanziaria, il loro impiego nell’elaborazione dell’atto di accertamento deve sottostare al rispetto di talune regole imprescindibili.
I sistemi di Ia nella fiscalità possono (devono) essere cruciali per rielaborare tutti i dati di cui il Fisco dispone, provenienti da fonti sempre più numerose. Possono quindi essere usati – come, ad esempio, accade in Brasile con il sistema Sisam per i controlli doganali – per selezionare i soggetti da sottoporre a controllo. Si tratterebbe, dunque, di un utilizzo endoprocedimentale, privo di valenza esterna e destinato a completare l’attività istruttoria dell’ufficio. L’elaborazione automatizzata verrebbe così seguita da una fase di trattamento “umana” della questione.
Diverso è se l’Agenzia pretendesse di fondare l’accertamento su quanto indicato dal sistema di Ia. La questione più rilevante è la motivazione dell’atto. Infatti, una delle caratteristiche indefettibili della motivazione è che il destinatario dell’atto deve poter comprendere sia il fondamento di ciò che gli viene contestato sia il procedimento logico attraverso cui l’ufficio è giunto ad una certa conclusione. Nel caso dei sistemi intelligenti, la ricostruzione del procedimento logico non potrebbe prescindere dall’accesso all’algoritmo, il quale è, tuttavia, per sua natura inconoscibile, essendo il suo contenuto coperto da rigorose privative. Non è detto che anche il Fisco ne abbia accesso e possa perciò adempiere a tale onere motivazionale. Il Consiglio di Stato nella sentenza 881/2020 lo ha ricordato: la decisione amministrativa automatizzata è subordinata alla piena conoscibilità dell’algoritmo e dei criteri usati per il suo funzionamento.
Sempre il Consiglio di Stato (2270/2019), con riferimento ad un atto amministrativo algoritmico, ha affermato il necessario rispetto del principio di conoscibilità di una regola espressa in un linguaggio non strettamente giuridico, sostenendo che «la caratterizzazione multidisciplinare dell’algoritmo (costruzione che certo non richiede solo competenze giuridiche, ma tecniche, informatiche, statistiche, amministrative) non esime dalla necessità che la formula tecnica, che di fatto rappresenta l’algoritmo, sia corredata da spiegazioni che la traducano nella regola giuridica ad essa sottesa e che la rendano leggibile e comprensibile, sia per i cittadini che per il giudice». [...]
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Dario Deotto
Stefano Dorigo
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