26/07/2017
Scissione societaria e passaggio quote: non c’è «abuso»
La scissione parziale proporzionale di una società e il successivo trasferimento delle partecipazioni (da taluni soci previamente affrancate) della società scissa non realizzano alcuna ipotesi di abuso del diritto.
Questo il contenuto della risoluzione n. 97/E di ieri dell’agenzia delle Entrate che, così, si pronuncia ufficialmente per la prima volta su una vicenda che in passato – nella vigenza del “vecchio” articolo 37-bis del Dpr 600/1973 – è stata oggetto di vari fraintendimenti.
Il caso riguarda una società per azioni che svolge attività sanitaria e possiede un compendio immobiliare. La società intende realizzare un’operazione di scissione proporzionale a favore di una società beneficiaria neocostituita, alla quale verrebbe assegnato il ramo immobiliare. Successivamente verrebbero trasferite tutte le partecipazioni della scissa, rimasta titolare del solo ramo operativo, posto l’interesse limitato a quest’ultimo degli acquirenti delle medesime partecipazioni. Peraltro, taluni soci della società scissa risultano persone fisiche e, quindi, hanno provveduto all’affrancamento delle partecipazioni.
In proposito, l’Agenzia rileva quanto da più tempo riportato su queste pagine, e cioè che se il sistema offre più percorsi alternativi e tutti questi percorsi risultano legittimi, il contribuente può scegliere quello fiscalmente meno oneroso. Questo perché si tratta di legittimo risparmio d’imposta. Viene sottolineato, quindi, che «non si può rinvenire ipotesi di abuso del diritto in una scissione parziale proporzionale tesa alla creazione di una o più società destinate ad accogliere i rami operativi dell’azienda da far circolare, successivamente, sotto forma di partecipazioni da parte dei soci-persone fisiche...» (viene affermata la sostanziale legittimità anche quando la cessione delle partecipazioni viene effettuata da un socio-società). E a questo deve aggiungersi il riconoscimento della liceità del comportamento del contribuente persona fisica che provvede, prima del trasferimento delle partecipazioni, all’affrancamento delle stesse, posto che si tratta di un qualcosa che l’ordinamento consente. In pratica, l’Agenzia sottolinea la sostanziale “indifferenza” del sistema alla circolazione dell’azienda sia che avvenga con cessione diretta che indiretta. Nella risoluzione, tuttavia, si avverte il pensiero dell’Agenzia nel caso in cui il trasferimento riguardi singoli beni. Viene infatti sottolineato che l’operazione di riorganizzazione aziendale deve comunque essere finalizzata all’effettiva continuazione dell’attività imprenditoriale e non deve trattarsi di società «costituite solo da liquidità, intangibles o immobili».
La risoluzione n. 97/E affronta anche l’annoso problema dell’imposta di registro nell’ottica dell’articolo 20 del Dpr 131/1986. In proposito, l’Agenzia sottolinea che l’operazione di scissione seguita dalla cessione delle partecipazioni, in questo caso della società scissa, non può configurare ipotesi di abuso del diritto. Tuttavia, l’Agenzia si rimette, di fatto, “nelle mani” degli ultimi orientamenti della Cassazione, i quali, anche se ammettono l’irrilevanza antielusiva dell'articolo 20 del Dpr 131/1986, risultano alquanto “sconfortanti”. In particolare, nella risoluzione viene fatto riferimento alla sentenza n. 6758/2017 della Cassazione in cui, sostanzialmente, si afferma che l’interprete può qualificare come cessione d’azienda una serie di atti plurimi se – in base al dato concreto - si riconosce una causa unitaria di cessione aziendale.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Dario Deotto
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