02/08/2021
Favor rei, Cassazione incerta tra presupposto e sanzioni
L’istituto del favor rei, disciplinato dall’articolo 3, Dlgs 472/1997, quale declinazione del principio di legalità, si applica in presenza di qualsiasi modifica in melius della disciplina sanzionatoria, salvo espressa indicazione contraria del legislatore. Va peraltro ricordato che la deroga al favor è ammessa soltanto in presenza di giustificazioni ragionevoli e in assenza di lesione del principio di eguaglianza, ex articolo 3 della Costituzione. L’ambito di operatività dell’istituto non è tuttavia precisamente definito nella giurisprudenza di Cassazione, che in alcuni casi ne ha tenuto conto anche in presenza di innovazioni della normativa sostanziale del tributo.
La regola del favor rei
È chiaro che il favor è cosa totalmente diversa dall’entrata in vigore di una norma. Quest’ultima indica la data a partire dalla quale una norma di legge è applicabile. Il primo invece esprime il principio secondo cui ogniqualvolta varia il trattamento sanzionatorio, in senso favorevole al contribuente, a prescindere dalla data di entrata in vigore della novella, essa si applica anche ai comportamenti tenuti in passato.
La regola del favor rei ha due declinazioni:
1 abrogazione dell’illecito;
2 variazione nel tempo della sanzione edittale.
Nel primo caso, il favor determina il venir meno dell’obbligazione sanzionatoria, anche in presenza di provvedimenti definitivi, nella parte non ancora pagata. Nel secondo caso, invece, si applica sempre la misura più avorevole, salvo che il provvedimento di irrogazione non sia divenuto definitivo. Il favor è applicato d’ufficio dal giudice, anche in assenza di espressa richiesta di parte (Cassazione 12392/2021). La sfera naturale di efficacia della norma in esame è, per l’appunto, la modifica della disciplina sanzionatoria. Dovrebbe al contrario ritenersi estranea alla previsione l’evoluzione legislativa della normativa sostanziale. La Cassazione non è stata sempre di questo avviso, oscillando tra orientamenti “eccessivi” in un senso o nell’altro (si veda l’altro articolo in pagina). In materia di definizione di abitazione di lusso, ad esempio, la Corte ha ritenuto rilevante la modifica apportata dall’articolo 10 Dlgs 23/2011, secondo cui, allo scopo, rileva esclusivamente il classamento nelle categorie catastali A1, A8 e A9, e non più le caratteristiche oggettive del fabbricato. Per tale motivo, il giudice di legittimità ha affermato la non punibilità dei comportamenti dei contribuenti che hanno fruito del trattamento spettante all’unità immobiliare non di lusso (minore aliquota Iva), in presenza di fabbricato non più qualificabile come di lusso, in forza dello ius superveniens. Nella pronuncia 4806/2021 la Cassazione ha applicato il favor con riferimento alla compensazione indebita di crediti d’imposta effettuata in violazione del limite di legge all’epoca vigente ma nel rispetto del nuovo tetto. In sostanza, il punto critico emergente dalla giurisprudenza di vertice è se, ai fini dell’applicazione del favor, sia sufficiente la sola modifica del presupposto oggettivo del tributo oppure se sia necessaria, sempre e comunque, la variazione della normativa sanzionatoria. È chiaro che nel primo caso, il raggio d’azione dell’istituto diventerebbe molto ampio, sino a ricomprendere, potenzialmente, l’ipotesi della sopravvenuta intassabilità di una determinata fattispecie. Si è tuttavia dell’avviso che una tale conclusione non rientri nell’ambito naturale del principio del favor. [...]
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Dario Deotto
Luigi Lovecchio
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