12/03/2020
L’Agenzia come la Cassazione non distingue l’interposizione fittizia da quella reale
La risposta all’interpello 89/2020 riporta d’attualità il distinguo tra interposizione fittizia e interposizione reale, nonché tra i fenomeni di interposizione in genere e l’abuso del diritto.
L’abuso del diritto
Partiamo da quella che dovrebbe essere una certezza: nell’abuso del diritto non c’è alcuna manipolazione della realtà: vi è perfetta coincidenza tra ciò che le parti dichiarano di volere e ciò che realmente vogliono. Pertanto, le operazioni poste in essere risultano perfettamente valide sia tra le parti che per i terzi (tra cui anche l’Amministrazione finanziaria). Nell’abuso del diritto tributario è solo il vantaggio fiscale conseguito che risulta indebito. Tant’è che si è più volte riportato che la vicenda dell’inopponibilità prevista dalla normativa dell’articolo 10-bis dello Statuto del contribuente risulta uno dei più grandi fraintendimenti della legislazione tributaria italiana, posto che, in questo modo, si consentirebbe – risultando inefficaci nei confronti del Fisco le operazioni ritenute abusive - la sostituzione, da parte dell’agenzia delle Entrate, delle forme giuridiche utilizzate (valide) con altre, guarda caso fiscalmente più onerose.
Simulazione e dissimulazione
Nelle vicende simulatorie/dissimulatorie, contrariamente all’abuso del diritto, si è in presenza di un’alterazione, di un’asimmetria tra la situazione formale e quella reale, di fenomeni finzionistici insomma, che, in quanto tali, vanno chiaramente inquadrati nell’evasione tributaria (e non nell’elusione/abuso del diritto).
Tra le ipotesi simulatorie rientrano anche quelle di interposizione fittizia, per le quali, in relazione all’imposizione diretta, vi è una specifica norma – l’articolo 37, comma 3 del Dpr 600/1973 – la quale, per assodata univocità giurisprudenziale, risulta applicabile alle vicende simulatorie in genere. L’articolo 37, comma 3 del Tuir dispone che «in sede di rettifica o di accertamento d’ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona».
La Corte di cassazione
Il fatto è che la Cassazione continua a comprendere nella previsione dell’articolo 37, comma 3 del Dpr 600/1973 anche l’interposizione reale. Ed è proprio alla giurisprudenza della Cassazione che si rifà la risposta all’interpello 89/2020 nel considerare l’interposizione reale come vicenda riconducibile alla previsione del citato comma 3 dell’articolo 37.
Occorre però rilevare che nell’interposizione reale gli effetti realizzati sono quelli resi palesi; quella realizzata attraverso l’interposizione reale è una realtà assolutamente vera e voluta dal contribuente, che quindi alcune volte (quindi non sempre) viene strutturata per conseguire vantaggi fiscali indebiti.
L’interposizione reale si realizza, difatti, quando l’interposto agisce come effettivo contraente, assumendosi in proprio i diritti derivanti dal contratto e impegnandosi a ritrasferirli all’interponente (o a terzi) con un successivo negozio di trasferimento.
Sulla questione appare condivisibile quanto è stato rilevato nella circolare 1/2018 della Guardia di Finanza. A proposito del distinguo tra interposizione fittizia e reale, è stato (correttamente) osservato che occorre avere riguardo al concreto atteggiarsi della volontà dei soggetti coinvolti. Non al numero dei soggetti interessati, come veniva interpretato dalla dottrina civilistica tradizionale (secondo questa dottrina, il discrimine tra interposizione fittizia e reale sarebbe rappresentato dalla partecipazione o meno del terzo all’accordo). Così che, se l’interposto interviene in maniera del tutto passiva, si avrà un’ipotesi riconducibile all’interposizione fittizia, mentre se, al contrario, l’interposto assume una effettiva funzione gestoria nell’operazione si avrà un fenomeno di interposizione reale. È evidente, quindi, che l’interposizione reale non può essere accumunata all’interposizione fittizia, per la quale, come si è detto, vi è una chiara asimmetria tra situazione reale e quella formale.
L’interposizione reale, invece, è vicenda accostabile all’abuso del diritto solo se il vantaggio conseguito risulta indebito (questo non è il caso, a nostro avviso, della risposta allinterpello 89/2020).
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