03/04/2019
Solo l’autotutela perfezionata riduce il conto finale
Il valore della controversia – ai fini della definizione delle liti pendenti – deve essere “nettizzato” dal parziale annullamento dell'atto a seguito del potere di autotutela.
La circolare n. 6/E pubblicata lunedì dall'agenzia delle Entrate ha analizzato vari punti che risultano particolarmente delicati nella definizione delle liti pendenti.
Uno di questi risulta quello del valore della controversia. Al riguardo, viene specificato che devono ritenersi esclusi dalla definizione gli importi che non formano oggetto della materia del contendere, come accade nel caso di contestazione parziale dell'atto impugnato, di formazione di un giudicato interno, di conciliazione o di mediazione (perfezionate) che non abbiano definito per intero la lite. Rileva anche, ovviamente, per la determinazione del valore della controversia, il parziale annullamento dell'atto a seguito dell'esercizio del potere di autotutela da parte dell'ufficio, formalizzato tramite l'emissione di apposito provvedimento. Il documento di prassi non dice a quale momento deve risultare tale formalizzazione, ma non vi è dubbio che deve trattarsi del momento in cui viene presentata la domanda di definizione.
La circolare n. 6/E specifica, correttamente, che non rilevano, per la determinazione del valore della controversia, le eventuali proposte di accordo fatte in sede di mediazione e conciliazione oppure in sede di accertamento con adesione che poi non si sono perfezionate.
Ulteriormente, il documento dell'Agenzia si sofferma (par. 2.2) sulla sua qualità di “parte” nella lite, elemento imprescindibile per accedere alla definizione agevolata (nel senso che si deve trattare di controversie per le quali risulta parte – e quindi ente impositore - l'agenzia delle Entrate). Il documento specifica che occorre fare riferimento alla nozione di “parte” in senso formale e, quindi, alle sole ipotesi in cui l'agenzia delle Entrate sia stata evocata in giudizio o, comunque, risulti intervenuta nello stesso. È il caso della lite originariamente instaurata solamente contro l'agente della riscossione e per la quale l'agenzia delle Entrate sia stata chiamata in causa – entro il 24 ottobre 2018 - in base all'articolo 39 del decreto legislativo 112/1999. Nella circolare n. 6/E viene dunque rappresentato che non risultano definibili le liti instaurate avverso atti dell'agente della riscossione nella quali l'agenzia delle Entrate, pur essendo titolare del rapporto giuridico sostanziale, non sia stata destinataria dell'atto dell'impugnazione e non sia stata chiamata successivamente nel giudizio.
Degno di nota appare anche il passaggio della circolare – già comunque presente in documenti di prassi del passato – in cui si afferma che risultano ammesse alla definizione anche le controversie instaurate mediante ricorsi affetti da vizi di inammissibilità, come il ricorso tardivo, purché lo stesso risulti notificato in primo grado entro il 24 ottobre 2018 e per la cui controversia, alla data di presentazione della domanda di definizione, non sia intervenuta una pronuncia della Cassazione che ne abbia statuito l'inammissibilità.
Viene però rammentata, a tale riguardo, l'ipotesi dell'abuso del processo, che si ha anche quando emerge in modo evidente e inequivoco il carattere meramente fittizio e artificioso della presentazione del ricorso, con la conseguenza che la controversia risulta instaurata – posta la palese tardività – al solo fine di creare il presupposto per potere fruire artatamente della definizione agevolata (Cassazione 22 gennaio 2014, n. 1271).
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