17/05/2019
Sui confini degli errori formali anche l’Agenzia va in confusione
C’è davvero qualcosa che non torna nella circolare 11/E/2019 delle Entrate sulla sanatoria delle irregolarità formali.

Si è già riportato (si veda «Il Sole 24 Ore» di ieri) che non si può affermare che violazioni come quelle relative allo spesometro e alla comunicazione della liquidazione periodica Iva siano da considerarsi «formali» solamente quando l’imposta è stata assolta regolarmente. Che cosa vuol dire? Se, ad esempio, un contribuente in sede di liquidazione periodica non versa l’imposta dovuta, risulta sanzionato in base all’articolo 13 del decreto legislativo 471/1997, con una penalità (ordinariamente 30%) relativa certamente ad una violazione di tipo sostanziale. Ma il fatto che la comunicazione di sintesi della liquidazione sia stata presentata regolarmente o meno non ha proprio alcun nesso con il fatto che l’imposta non sia stata versata.

Lo stesso principio vale se il contribuente non ha emesso una fattura e magari non ha riportato correttamente nella comunicazione di sintesi della liquidazione periodica tutti i dati richiesti (certamente non quelli della fattura non emessa). Che nesso hanno le due cose?

L’insostenibilità delle tesi dell’agenzia delle Entrate risulta acuita dai chiarimenti forniti in relazione alla violazione per l’omessa regolarizzazione da parte del cessionario/committente della fattura non ricevuta (o ricevuta irregolarmente), in base all’articolo 6, comma 8 del Dlgs 471/1997. Nella circolare 11/E si afferma che, sebbene il responsabile del debito d’imposta risulti il cedente/prestatore, la mancata regolarizzazione da parte del cessionario/committente non può essere considerata violazione di tipo formale. Il fatto è che nelle risposte della videoconferenza del 7 maggio è stato invece espressamente affermato che «la violazione di cui si tratta rientra nell’ambito di applicazione della definizione agevolata delle violazioni formali». Ma non solo. Nella circolare 10/E sempre dell’altro ieri – relativa alle risposte sulla definizione delle liti pendenti di cui all’articolo 6 del Dl 119/2018 – viene precisato che la sanzione di cui all’articolo 6, comma 8 del Dlgs 471/1997, relativa, appunto, all’omessa regolarizzazione della fattura da parte del cessionario/committente, è da considerarsi «sanzione non collegata al tributo». Quindi definibile in base alla previsione del comma 3 dell’articolo 6 del Dl 119/2018.

Se una sanzione è «collegata al tributo» è da ricondursi inevitabilmente a una violazione di tipo sostanziale, come è stato riportato anche nella circolare 6/E/2019 sulla stessa definizione delle liti pendenti (paragrafo 5.1.6). Tuttavia, se «non è collegata al tributo» la penalità è da considerarsi certamente riconducibile a una violazione di carattere formale, se non addirittura di carattere meramente formale. Premesso che dopo la circolare 11/E – perlomeno secondo l’orientamento delle Entrate – le violazioni meramente formali, cioè quelle che non sono sanzionate, sono state di fatto azzerate, è evidente che una violazione non può essere considerata formale per una sanatoria e sostanziale per un’altra. In altri termini, da due circolari emanate lo stesso giorno si arguisce che per le Entrate la medesima violazione – la mancata regolarizzazione di fatture da parte del cessionario/committente – è formale per la definizione delle liti pendenti, mentre è di tipo sostanziale per la sanatoria delle irregolarità formali. Chiaramente, c’è qualcosa che non va.

Come altrettanto dubbia è l’affermazione secondo la quale la tardiva trasmissione delle dichiarazioni da parte degli intermediari abilitati risulta violazione di tipo formale, mentre risulta di tipo sostanziale l’omessa trasmissione delle dichiarazioni sempre da parte degli intermediari stessi. Premesso che queste ultime fattispecie si realizzano quando l’intermediario ha assunto l’impegno alla trasmissione della dichiarazione e poi non vi adempie (o vi adempie tardivamente), non si comprende il distinguo tra tardiva trasmissione e omessa, posto che la sanzione – in base all’articolo 7-bis del Dlgs 241/1997 – è la medesima.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Dario Deotto
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