05/12/2019
l contraddittorio preventivo non può essere formalistico
Il contraddittorio preventivo deve risultare effettivo, altrimenti assume i connotati di un rito formale, di una garanzia apparente.
L’effettività del contraddittorio vuol dire che le ragioni del contribuente devono davvero essere prese in considerazione dall’ufficio. E la “prova” di questo vaglio, non può che risultare dalla motivazione dell’(eventuale) atto di accertamento successivo, dove l’ufficio deve riportare – anche in forma sintetica – le ragioni per le quali ritiene di non aderire ai chiarimenti forniti dal contribuente.
Questo principio ora (in realtà, dagli atti che verranno emessi dal 1° luglio 2020) risulta sancito dall’articolo 5-ter del Dlgs 218/97.
È chiaro che l’effettività del contraddittorio abbisogna anche dell’elemento della temporalità, che vuol dire, sostanzialmente, che l’ufficio deve avere il tempo per vagliare le ragioni del contribuente.
Ecco perché risulta assolutamente errato pensare di ricondurre all’istituto del contraddittorio preventivo la previsione dell’articolo 12, comma 7, dello Statuto, in base alla quale l’ufficio non può procedere all’emissione dell’atto di accertamento prima dei 60 giorni successivi alla consegna del processo verbale di constatazione.
Si supponga, ad esempio, che il Pvc venga consegnato il 31 ottobre: se il contribuente consegna le proprie memorie il 30 dicembre, come può l’ufficio prenderle in considerazione e valutarle effettivamente, prima di emettere l’atto il 31 dicembre, se a quella data scade il termine di decadenza per l’accertamento? Che contraddittorio è? Non si realizza certo l’obbligo di valutazione dell’ufficio – e quindi di effettività - imposto dallo stesso articolo 12, comma 7, tenendo conto che per la Cassazione (da ultimo, sentenza 1778/2019), non sarebbe nemmeno necessario indicare la valutazione dell’ufficio nella motivazione dell’atto di accertamento.
Nel caso della previsione dell’articolo 12, comma 7 dello Statuto non si realizza, dunque, né il principio di effettività del contraddittorio né il suo corollario della temporalità. Ecco perché tale ipotesi non può essere ascritta al contraddittorio: si tratta semplicemente di un’ipotesi di procedibilità dell’atto di accertamento. Sicché non ha alcun senso l’esclusione dei Pvc dall’obbligo del contraddittorio preventivo sancito dall’articolo 5-ter del Dlgs 218/1997.
Va rilevato che attualmente (visto che l’articolo 5-ter entrerà in vigore il 1° luglio 2020) l’unica norma che garantisce l’effettività del contradditorio risulta quella dell’abuso del diritto (commi 6, 7 e 8 dell’articolo 10-bis della legge 212/00), anche se si tratta di una disposizione un po’ criptica e che determina un parziale differimento dei termini di decadenza dell’accertamento.
La ratio della norma è quella di dare alle Entrate un tempo sufficientemente credibile (60 giorni) per ponderare i chiarimenti forniti dal contribuente. Infatti, la norma dispone (comma 7) che se tra la data di ricevimento dei chiarimenti del contribuente e il termine di decadenza dell’azione accertatrice il lasso di tempo risulta inferiore a 60 giorni, si determina la proroga dei termini di accertamento fino a concorrenza dei 60 giorni.
Occorre rilevare che la norma dispone che il differimento dei termini di decadenza si realizza quando, comunque, il termine per rispondere alla richiesta di chiarimenti viene a cadere entro la scadenza ordinaria del termine di accertamento. Altrimenti, non si verifica alcuna proroga.
Il comma 8 dell’articolo 10-bis poi dispone che l’atto di accertamento deve essere motivato, a pena di nullità, anche in relazione ai chiarimenti forniti dal contribuente.
Nullità che - si osserva - non viene invece prevista dal comma 3 del nuovo articolo 5-ter del Dlgs 218/97, il quale stabilisce semplicemente che la motivazione dell’atto deve tenere conto delle ragioni esposte dal contribuente nel corso del contraddittorio. Si tratta certamente di un refuso per il quale, da qui al prossimo luglio, c’è tutto il tempo per rimediare.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Dario Deotto
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